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sabato, Novembre 23, 2024

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Figline ricorda Mazzotta, in mostra le sue ultime opere

“L’idea di una mostra è nata proprio da mio padre” spiega Elisa, la figlia dell’artista Americo Mazzotta, deceduto nel novembre del 2020. “Dopo due anni di stop causato dalla malattia, grazie agli amici che nell’andare a trovarlo nell’Hospice di San Felice a Ema gli portavano libri, pennelli, colori e fogli, mio padre riprese riprese, con intensità e con suo stesso stupore, a lavorare, realizzando ben 177 disegni. Fu proprio parlando con un’amica, che stava registrando un video di presentazione dei suoi disegni, che parlò per la prima volta di una loro esposizione. Ed è proprio grazie agli amici di mio padre che ho voluto far conoscere quest’uomo, non solo come pittore, ma come uomo che ha vissuto la sua malattia e la sofferenza prima con la negazione e la paura di essa, poi con la riconciliazione e la speranza. Una luce che esprime anche attraverso alcune delle sue opere”. 

Americo Mazzotta mentre realizza una delle sue opere

Una selezione dei lavori realizzati da Americo Mazzotta nell’ultima fase della sua vita sarà esposta nella mostra monografica “Lo splendore della luce e dei colori: sguardo e memoria”, organizzata dal Centro culturale di Arezzo e da Comune di Figline e Incisa Valdarno e curata dal poeta Davide Rondoni. L’esposizione sarà ospitata al Palazzo Pretorio di Figline dal 2 aprile al 1° maggio, visitabile gratuitamente ogni martedì, ad ingresso libero, dalle 9.30 alle 19, il sabato, la domenica e i festivi su prenotazione, inviando un messaggio Whatsapp al numero 340.6258576 oppure scrivendo a rotti.silvia@gmail.com, indicando il giorno preferito, nome e cognome di un referente e il numero di visitatori.

Per Dario Picchioni, assessore alla Cultura del Comune di Figline e Incisa “È un grande piacere per la nostra città presentare la mostra che raccoglie una selezione degli ultimi disegni realizzati di Americo Mazzotta, che fu a lungo nostro concittadino così come lo sono i suoi discendenti: è nel nostro centro storico, infatti, che si trasferì nel 1991, visse l’ultima parte della sua vita e conobbe Andrea Antelli, che divenne suo amico e punto di riferimento”.

Particolare del “San Giovanni Battista” di Americo Mazzotta

Nato a Collecchio, in provincia di Parma, nel 1941, Mazzotta studiò Architettura a Firenze dedicandosi però fin da giovanissimo alla pittura. La sua prima mostra, alla “Piccola galleria” del Palazzo comunale di Pesaro, è del 1962. Negli anni seguenti le sue opere furono al centro di numerose esposizioni e personali in tutta Italia. Ma è nell’arte sacra che Americo Mazzotta esprime i suoi lavori di maggiore impatto. Nell’ ’81 dipinse l’“Odissea”, una grande opera in 14 disegni a sanguigna che, seguendo le tracce di Ulisse, descrive la metafora della sua vita. Nel 1982, invece, dipinge in 120 giorni “La battaglia di Lepanto”, pittura murale in monocromo a sanguigna realizzato nella chiesa della Madonna del Rosario di Redecesio, nei pressi di Milano, su una superficie di 147 metri quadri. Dal 1989, per circa 20 anni, progettò e realizzò vetrate (veri e propri quadri su vetro) per oltre 35 chiese palermitane, insieme all’architetto vetratista Calogero Zuppardo, con tecniche all’avanguardia. La sua opera più celebre è, però, la decorazione monumentale della Chiesa di San Giuseppe Lavoratore di Oświęcim-Auschwitz, nei pressi del campo di sterminio nazista. Qui Mazzotta realizzò, tra il 1994 e il 1997, la sua opera più imponente: una pittura murale in sanguigna nell’abside della chiesa, estesa 200 metri quadri, oltre a quattro episodi della storia della Polonia, alle vetrate absidali dedicate a “San Giuseppe e l’Europa” e al “Golgota”, e alle 14 vetrate della “Via Crucis”, un ciclo nel quale Mazzotta unisce la Passione di Cristo a quella del popolo dei deportati. Continuò a lavorare su commissione e ad esporre fino al 2014, realizzando cicli pittorici affrescati, vetrate, sculture e bassorilievi per edifici pubblici e chiese in tutto il mondo. Collaborò con importanti progettisti e architetti e intrattenne profonde amicizie con artisti di assoluto spessore, come il grande regista russo Andrej Tarkovskij, esule a Firenze. Gli furono, inoltre, commissionate opere a Grosseto, Roma e sul territorio fiorentino, come Antella (varie opere, pitture, vetrate, un mosaico e il monumento di bronzo a San Manetto, insieme all’ “Ultima Cena”), Londa (Crocifisso, dipinto su tavola), Dicomano (Crocifisso, scolpito in legno), Fiesole (pala d’altare per l’ospedale Sant’Antonino e dipinti “Risorto” e “Battesimo di Gesù”).

“Cavalli Selvaggi” di Americo Mazzotta

“Nelle opere di Mazzotta, e in particolare in questi ultimi disegni, colpisce una specie di libertà, di riepilogo sollevato, quasi, dal tempo” commenta il poeta Davide Rondoni, curatore della mostra – Un riepilogo di visioni, di ospiti, di momenti, di luoghi rivisti o, meglio, rivisitati con una mano quasi liberata, come se si fosse allentata un’ansia, quella michelangiolesca, quella giottesca, di dare corpo, di afferrare il corpo segreto del mondo. Quella innata, salutare ansia dell’artista, che forse lascia il passo ad una più libera contemplazione, a qualcosa che abbandona veli dello sguardo, attraversato da una crescente stupefazione. Americo Mazzotta è un cristiano artista, cioè un uomo che ha avuto la vita e le energie investite da una forza ‘artistica’ non sua, dell’artista supremo dell’universo che trasforma la morte in resurrezione, e dunque ogni forma in segno di quel gesto”.

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