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Figline Valdarno
venerdì, Marzo 29, 2024

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Lotte e manifestazioni: non comprendere la particolarità del Serristori fu il primo errore della politica

A metà degli anni Novanta del secolo scorso, i cittadini di Figline Valdarno cominciarono a percepire voci preoccupanti sul destino del Serristori. Quello di Figline non era un ospedale come tanti altri all’epoca operanti in vari comuni del Valdarno (aretino e fiorentino) e anche nel resto della Toscana. No, il Serristori – come fa ben capire il suo nome – era frutto di un lascito testamentario di Ser Ristoro, o più precisamente di Ser Ristorus di Ser Jacobi di Ser Lippi, il quale giunto quasi al termine dei suoi giorni (morirà l’anno successivo) aveva deciso nel lontano ottobre del 1399 di destinare una somma cospicua per creare a Figline – paese di origine della sua famiglia – uno “Spedale” per soccorrere non solo i malati, ma anche “poveri e mendicanti”.

Insomma, quell’ospedale ricevuto in dono dai Sarristori con il passare dei secoli era diventato per i figlinesi non solo motivo di orgoglio, ma anche un fatto identitario. Intere generazioni erano nate, poi erano state curate e infine anche decedute, nell’ospedale creato appositamente per i figlinesi. Un palazzo imponente, quello che ospitava lo Spedale della Annunziata (così si chiamava in origine il Serristori) che addirittura per lungo tempo – prima del suo trasferimento in collina, nella villa di San Cerbone, appena fuori dalle mura del paese – aveva fatto con il suo splendido loggiato da fondale architettonico alla piazza principale del paese, fronteggiando dal lato opposto la chiesa della Collegiata.

Questo dato storico, questo affetto dei figlinesi per il loro ospedale, probabilmente fu sottovalutato dagli allora amministratori della Regione Toscana, impegnati negli anni Novanta in un piano sanitario che puntava alla chiusura dei piccoli ospedali e sulla costruzione di grandi e anche costosi presidi ospedalieri, molti dei quali vennero definiti per la loro struttura architettonica “Monoblocchi”.

E proprio nel vicino Valdarno aretino, in quell’ ultimo decennio del Novecento, la Regione Toscana aveva deciso di costruire un monoblocco ospedaliero, detto poi della Gruccia. Una grande struttura ospedaliera che poi avvierà la sua attività nell’ottobre del 2002, dopo il trasferimento dei due presidi di Montevarchi e San Giovanni. Tuttavia, il monoblocco della Gruccia verrà inaugurato ufficialmente il 14 febbraio 2003.

Nasce il monoblocco della Gruccia e cambia il destino del Serristori

Proprio quel progetto di monoblocco a metà degli anni Novanta non faceva dormire sonni tranquilli ai cittadini di Figline e del Valdarno fiorentino, i quali temevano un depotenziamento del loro presidio ospedaliero che fino al quel momento aveva funzionato perfettamente, come ospedale unico della Usl 20/B Valdarno Superiore nord, con un bacino di utenza che si allargava in pratica ad alcuni comuni del Chianti fiorentino (soprattutto Greve in Chianti) e ai comuni del Valdarno aretino (in particolare Castelfranco e Piandiscò).

Nasce lo storico Comitato di cittadini a difesa dell’ospedale Serristori

(foto Paolo Ricci)

Timori, malumori e proteste si concretizzarono nel maggio del 1995 durante un’affollata assemblea pubblica organizzata al circolo Acli di Ponterosso. Il quadro che emerse durante la discussione era davvero preoccupante, anche a seguito delle testimonianze riportate da numerosi medici presenti tra il pubblico. La svolta avviene quando uno dei relatori, un sindacalista della Cisl, “vista l’enorme partecipazione popolare” propose la creazione di un Comitato di cittadini. L’idea fu accolto da una ventina di persone. Tra quelli che alzarono la mano (tutti figlinesi, tranne 2 persone di Incisa e 3 di Rignano) vi erano anche Clara Mugnai (ex consigliere comunale Dc) e Giuseppe Formichini (ex dipendente Inam e poi del Servizio sanitario nazionale). Proprio lui sarà l’uomo che 3 anni dopo terrà lo storico discorso in piazza Ficino, di fronte a migliaia di cittadini confluiti nella piazza grande al termine del primo e lunghissimo corteo per salvare il Serristori.

Nel frattempo, erano partite petizioni e raccolte di firme tra i cittadini. Il giornale locale pubblicò, in più riprese, i tagliandi di adesione alla protesta. Una iniziativa popolare che trovò condivisione e ospitalità anche tra i commercianti, soprattutto del centro storico. Alla fine, risultarono oltre 13.000 (tredicimila) le adesioni raccolte che furono consegnate direttamente dal Comitato all’assessore regionale alla Salute, Claudio Martini.

I timori della popolazione figlinese trovarono una prima conferma nel 1996, quando nel Salone della Misericordia a Figline si svolse un’assemblea pubblica con l’allora sindaco di Figline Valdarno, Mauro Farini. Quella sera la delusione fu tanta. E ben si percepiva tra il mormorio della gente che affollava anche piazza San Francesco pur di seguire l’audio del dibattitto che era in corso all’interno del salone. Fu in quell’occasione che presero forma i prodromi di una protesta che si sarebbe manifestata qualche anno dopo sulle strade e sulle piazze.

Intanto il caso Serristori, sempre più “caldo” fece drizzare le antenne anche alla politica locale, che però venne scossa proprio in quel periodo da un evento traumatico. Il 18 febbraio del 1997 Mauro Farini lasciò la carica di sindaco di Figline Valdarno a causa di un grave lutto che aveva colpito la sua famiglia.

Il suo posto venne preso il 27 aprile del 1997 dal sindacalista Silvano Longini, candidato dell’Ulivo. Sarà lui l’uomo che farà la prima scelta di campo da parte dell’Amministrazione comunale sulla questione Serristori: una presa di posizione che, a momenti alterni, di fatto condizionerà la politica locale fino ai giorni nostri.

Il colpo di scena: viene svelato il progetto per trasformare il Serristori in ospedale di comunità

L’Ospedale Serristori

Il vero colpo di scena arrivò durante il ‘Consiglio Comunale Aperto’ del 17 dicembre del 1997. Mentre il sindaco Longini tentava di rassicurare le tante persone che affollavano la sala consiliare in merito al destino dell’ospedale, Giuseppe Formichini (del Comitato per il Serristori) tirò fuori a sorpresa un documento già predisposto dalla Regione Toscana, dalla Conferenza dei sindaci (ex Lr 1/95), dal Comune di Figline e dalla Usl 10. In quei fogli veniva descritta “La riconversione dell’offerta ospedaliera del Serristori di Figline in Ospedale di Comunità e presidio sanitario polifunzionale”. Tra gli “effetti dell’intervento” previsti dal “Progetto 19” al primo punto figurava “La dismissione di un’offerta ospedaliera strutturalmente non più corrispondente in termini di efficienza ai moderni modelli assistenziali”.

Quel documento, fino allora conosciuto solo nelle segrete stanze, ebbe l’effetto di rendere palese tutto tutto ciò che i figlinesi temevano in cuor loro. E da quella sera i rapporti tra l’Amministrazione Comunale e il resto della popolazione non furono più coincidenti. La prova di questo distacco si evidenziò clamorosamente cinque mesi dopo.

La prima storica manifestazione: migliaia e migliaia di cittadini scendono in piazza

Più precisamente la storia delle lotte per l’Ospedale di Figline ebbe una svolta nel pomeriggio del 22 maggio del 1998. Il Comitato cittadino per il Serristori che operava già da un triennio, aveva indetto per quel giorno la prima manifestazione pubblica contro la trasformazione del Serristori in Ospedale di Comunità. Fino all’ultimo il sindaco Longini rimase incerto se partecipare o meno al corteo. Alla fine, decise di astenersi, anche perché così era stato consigliato da alcuni esponenti del suo partito che temevano lo scontro fratricida con la Regione. “E poi in piazza saranno tre gatti” vaticinò uno che amava dare consigli al partito di maggioranza. Così quel pomeriggio Longini decise di seguire lo svolgimento della manifestazione da una delle finestre della Cgil che si affacciavano su piazza Ficino. Una piazza che con il passare dei minuti finì per riempirsi fino all’inverosimile, come dimostrano le immagini di un filmato dell’epoca. Quelle migliaia di persone che affollavano la piazza fecero esplodere in tutta la sua complessità il caso Serristori. Tantoché i vari livelli della politica giudicarono intempestiva la trasformazione in Ospedale di Comunità. La Usl optò quindi per una non specificata “razionalizzazione”

Per il Comitato cittadino in realtà la cosiddetta “razionalizzazione” nascondeva una ben precisa strategia: la politica del carciofo, secondo la quale il Serristori doveva essere spogliato piano piano dei vari reparti e servizi, così come si fa appunto con le foglie di un carciofo. Una teoria che sembrò trovare conferme tant’è che a febbraio del 1999 una nuova manifestazione pubblica tornò a sollevare il problema del lento ma inesorabile declino del Serristori.

Anche il congresso di zona dei Ds fu investito della questione. Raccontano le cronache dell’epoca che “Sia Marcello Morandini, che Sergio Staderini (ex sindaco) hanno criticato l’atteggiamento dell’Azienda sanitaria nei confronti dell’ospedale di Figline”. Ma la posizione più illuminante fu quella espressa da Paolo Costantino, allora capogruppo consiliare dell’Ulivo. Rivolto a Marino Bianco, presente ai lavori dei Democratici di Sinistra in rappresentanza del partito fiorentino, Costantino disse: “Finora abbiamo cercato di mediare prendendoci anche delle critiche, ora a Firenze ci devono ascoltare, altrimenti ci troveremo nella spiacevole situazione di dover portare qualche migliaio di persone a protestare in Via Cavour”.

Il piano dell’assessore regionale Martini e le polemiche della politica sull’ospedale

Si arrivò così al 4 aprile del 2000 quando il tema del Serristori venne discusso in un’affollata assemblea pubblica, organizzata all’interno del Nuovo Cinema di Figline, alla presenza dell’assessore regionale alla Salute, Claudio Martini, già candidato alle elezioni regionali in procinto di diventare Presidente della Giunta Regionale Toscana. Quella sera fu chiaro che la Regione puntava proprio sull’aggregazione degli ospedali per la creazione di poli sanitari e lo sviluppo di poli di eccellenza, prevedendo un ruolo più defilato per i piccoli ospedali. Una scelta che fu ribadita in una successiva assemblea svoltasi sempre al Nuovo Cinema, dove Manuele Auzzi, sindaco di Incisa – prossimo ad assumere la carica di segretario metropolitano dei Democratici di Sinistra – mise sul piatto la forza dei numeri derivante dal peso elettorale del suo partito. Insomma, il Comune di Incisa sposava in tutto e per tutto la visione di Martini.

Il solco tracciato da Auzzi cristallizzò la questione Serristori per alcuni anni, in un susseguirsi di polemiche, soprattutto di carattere politico. Anche perché nel frattempo il Comitato cittadino aveva fatto una sua emanazione politica che era entrata in Consiglio Comunale. La lista civica “Salvare il Serristori” fu rappresentata interrottamente per 18 anni nell’assise cittadina figlinese, dalle elezioni amministrative del 2001 fino al 2019, in alcune consigliature anche con due rappresentanti seduti tra i banchi dell’opposizione.

La manifestazione del 7 ottobre 2013

Ma il lento e continuo disgregarsi delle funzioni all’interno dell’ospedale di Figline provocò una nuova reazione della cittadinanza, tant’è che il 7 ottobre del 2013 oltre un migliaio di persone tornarono in piazza al grido: “Il Serristori non si tocca”. Alla manifestazione, organizzata dal Comitato in difesa dell’ospedale e dai Cobas per protestare i tagli annunciati e in parte già applicati all’interno del presidio figlinese parteciparono le associazioni del territorio, i negozianti della Confesercenti che chiusero le serrande, gli esponenti politici di tanti schieramenti diversi.

I Patti Territoriali non vengono rispettati; la gente torna in piazza

Questa volta il Partito Democratico non volle ripetere l’errata valutazione di Longini fatta nel ‘98, e così alla manifestazione per il Serristori parteciparono i parlamentari Ermini, Pd, e Segoni, M5S, la presidente del Consiglio comunale di Incisa, gli assessori di Reggello e Rignano, accanto al sindaco di Figline, Riccardo Nocentini. Quella iniziativa pubblica, e soprattutto la presenza dei parlamentari e amministratori comunali del Pd, sembrò ottenere dei risultati sul piano politico amministrativo, tantoché il 20 dicembre del 2013 i quattro sindaci del Valdarno Fiorentino, il Direttore dell’ASL 10 e l’Assessore Regionale alla Sanità, sottoscrissero un Patto Territoriale nel quale le parti concordarono che l’Ospedale Serristori sarebbe stato riqualificato e che sarebbe rimasto un ospedale per acuti, attrezzato per curare le urgenze, con Pronto Soccorso h24 e sub-intensiva.

Ma quei Patti rimasero in gran parte inattuati, cosicché la sera del 30 ottobre 2015 si svolse nel centro di Figline una lunga fiaccolata che scandiva lo slogan “Fermiamo lo smantellamento del nostro ospedale”. I motivi della protesta furono esplicitati in un volantino diffuso durante il corteo notturno: “Ad un anno e nove mesi dalla firma, gran parte degli accordi sottoscritti con i Patti Territoriali non sono stati rispettati ed il Serristori, anziché la sbandierata ‘riqualificazione e riorganizzazione funzionale’, ha subito un progressivo depotenziamento, inducendo i dipendenti ed i cittadini a sospettare che l’Azienda Sanitaria in realtà stia mettendo in atto un vero e proprio smantellamento, con il malcelato intento di trasformare il Presidio Ospedaliero in un semplice poliambulatorio”.

Ancora una manifestazione per tentare di salvare il Pronto soccorso pediatrico

Dopo lo smantellamento del reparto di Maternità (che provocò un’altra manifestazione che per un po’ fece recedere la Asl dallo smantellamento della Maternità) anche la pediatria diventò un reparto a rischio chiusura. Ecco allora che fu decisa un nuovo corteo di protesta organizzato per il 29 aprile 2017. In preparazione all’evento furono sbandierate le cifre: “Nel 2016 quasi 1400 bambini si sono rivolti al Pronto soccorso pediatrico del Serristori che ora la direzione sanitaria vorrebbe sostituire con un semplice servizio ambulatoriale”. Poi accadde che, pochi giorni prima della manifestazione, l’assessore regionale alla sanità, Stefania Saccardi, fornì rassicurazioni sul mantenimento della pediatria all’interno del presidio figlinese. A quel punto venne annullata la prevista manifestazione con tanto di corteo, ma non l’assemblea che si svolse in piazza Marsilio Ficino per sottolineare ancora una volta che l’attenzione sul futuro dell’ospedale sarebbe rimasta comunque alta. Sul palco insieme ai Cobas, al Calcit e al Comitato Salvare il Serristori salì anche Giulia Mugnai, sindaco di Figline-Incisa (nel frattempo i due paesi erano stati accorpati in un unico comune) che parlò di fronte a circa cinquecento persone.

La pandemia e la chiusura totale del Pronto soccorso al Serristori

Tanta gente in piazza Ficino per la manifestazione del 26 giugno 2020

Con lo scoppio della pandemia da Covid-19 arriva il momento di una nuova e decisiva chiusura, quella del Pronto Soccorso del Serristori, così il 26 giugno 2020 una nuova fiaccolata prese il via dal piazzale antistante l’Ospedale per arrivare, con tutti i limiti imposti dalle norme anticontagio, in piazza Marsilio Ficino, facendo una tappa intermedia in piazza XXV Aprile. Centinaia e centinaia di persone (ne furono stimato circa 600) sfidarono quella sera la pandemia, accompagnate da molti dipendenti del presidio sanitario (suore comprese), da tutte le forze politiche, dai sindaci dei comuni del Valdarno fiorentino (Figline-Incisa, Rignano e Reggello), delle associazioni che operano nell’ambito della solidarietà. Anche questa volta, a ridosso della manifestazione, l’Azienda Sanitaria Toscana Centro cercò di placare gli animi, affermando che dal successivo 20 luglio, il Pronto Soccorso del Serristori, avrebbe riaperto “con una funzionalità piena e continua nell’arco delle 24 ore”. La manifestazione si svolse lo stesso, anche perché il pacchetto di rivendicazioni era più vasto: All’azienda sanitaria e alla Regione veniva chiesta la riapertura della sub intensiva, dell’ortopedia-traumatologia e delle attività interventistiche di chirurgia generale (con utilizzo delle sale operatorie a pieno regime), il potenziamento dell’attività di oncologia ed ematologia, la riattivazione a pieno regime delle attività di cardiologia sulle 12 ore, del laboratorio analisi, di radiologia, di fisioterapia, di farmacologia e delle attività di specialistica ambulatoriale. Tutte attività sospese nel periodo dell’emergenza Covid. Benché non molto convinti delle ennesime promesse fatte dall’azienda sanitaria, i relatori che parlarono in piazza fecero il punto sulla situazione che si stava determinando. Andrea Calò coordinatore del sindacato di base (Cobas) affermò: “L’obiettivo è il funzionamento e l’efficienza di tutto l’ospedale: non basta indicare date per la riapertura del pronto soccorso. L’importante è la qualità del servizio non solo del Pronto Soccorso, ma di tutto il presidio sanitario”. Anche Domenico Mangiola, delegato sindacale Cobas, si rifece alle promesse dell’Asl: “Il pronto soccorso deve avere il personale dedicato a norma di legge non preso dal altro reparti”.

Invece il Pronto Soccorso non riaprì a luglio e ad oggi (24 marzo 2022) non ha ripreso a funzionare. Al suo posto la Asl intende aprire un semplice punto di primo soccorso. Così all’inizio del 2022 è stata la stessa Amministrazione comunale ad approvare un documento di lotta: “Ad oggi le proposte formulate dalla Asl, a partire dalla apertura di un Punto di Primo Soccorso, oltre a non risultare in linea con l’attuale quadro normativo e alla classificazione del presidio Ospedaliero del Serristori, non si pongono assolutamente in linea con gli impegni pubblici presi in questi anni. In ogni caso la prossima tappa che ci aspetta è quella di una manifestazione pubblica al fine di portare la voce della cittadinanza di Figline e Incisa Valdarno a chi veramente ha in mano il futuro di questo presidio. Con questo gesto vogliamo confermare, se mai ce ne fosse bisogno dopo che i movimenti ed i comitati civici territoriali hanno raccolto migliaia di firme per la riapertura del pronto soccorso, quanto sia forte e presente l’interesse di tutti verso l’ospedale, a cui siamo certi non saranno voltate le spalle da parte dei decisori politici, coloro che sono chiamati a garantire con atti concreti e senso di responsabilità il diritto di salute dei cittadini”.

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